Studi sull'Alchimia - Opere vol. 13

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A C.G. Jung il linguaggio alchemico appare non tanto semiotico (un linguaggio cifrato), quanto simbolico, nel senso che neppure gli alchimisti erano consapevoli dei contenuti che, dal profondo della loro psiche, venivano ad affiorare nei loro testi.

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SKU: 9788833910475 Autore: Carl G. Jung Produttore: Bollati Boringhieri

Nell'antichità gli alchimisti furono sempre considerati con sospetto. Se il potere civile li mise fuorilegge, quello religioso li bollò con la scomunica. Non v'è da stupirsi quindi che i cultori di tale disciplina siano stati costretti da sempre a usare un linguaggio cifrato che li condannò all'incomprensione da parte dell'opinione pubblica. Jung, che studiò per circa un trentennio i testi alchemici, rivoluziona qui la prospettiva da cui osservare i contenuti di quest'Arte. Il linguaggio alchemico gli appare non tanto semiotico (un linguaggio cifrato), quanto simbolico, nel senso che neppure gli alchimisti erano consapevoli dei contenuti che, dal profondo della loro psiche, venivano ad affiorare nei loro testi. Nei saggi che compongono il volume, incentrati sia su personaggi di alchimisti famosi (Le visioni di Zosimo, 1938/1954; Paracelso come medico, 1941 e Paracelso come fenomeno spirituale, 1942) sia su simboli specifici dell'Opus alchemico (Lo spirito Mercurio, 1943/1948 e L'albero filosofico, 1945/1954), sia anche sui principi dell'alchimia cinese (Commento al «Segreto del fiore d'oro »,1929/1957), l'interesse di Jung si rivolge alle espressioni simboliche dell'alchimia, in cui egli vede proiettati contenuti archetipici. L'alchimia viene ad acquistare l'aspetto del tutto nuovo e avvincente di una «psicologia dell'inconscio collettivo proiettata» sulle sostanze e sui procedimenti volti a trasformare la materia, e si rivela perciò assai affine alla mitologia e al folclore. II suo simbolismo è simile a quello dei sogni, da un lato, e a quello religioso dall'altro. Gli alchimisti, quegli oscuri «filosofi», come amavano definirsi, gli «amanti della Sapienza», sono, secondo l'analista zurighese, degli psicologi "ante litteram", intenti a scandagliare la "prima materia", ossia l'inconscio, non tanto per pervenire a un risultato concreto di contraffazione dell'oro, come ritenevano i loro oppositori, quanto piuttosto per attuare un'opera di perfezionamente interiore, per procedere - nella ricerca della pietra filosofale - alla propria individuazione.